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Sequestro da 92 milioni di euro alla Zoffoli Metalli in provincia di Ferrara, l’accusa è traffico di rifiuti. Indagini su asse Milano, Trieste, Napoli

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Ferrara, 10 aprile 2025 – Ci sarebbe un collegamento anche con la Campania e anche nomi di aziende e imprenditori ferraresi tra quelli coinvolti in una grossa indagine contro il traffico illecito di rifiuti diretta dalla Procura di Milano e che ha portato ieri i finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Trieste ad eseguire un sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un equivalente di 92 milioni di euro.

Tra le sei aziende undici persone coinvolte, risalta per Ferrara il nome della Zoffoli Metalli, l’azienda con sede a Tamara, nel Copparese, che è una delle più importanti della provincia estense. Secondo fonti investigative, il giro d’affari illecito contestato si aggira sui 15-20 milioni di euro, al cui “congelamento” è teso il sequestro. Ieri mattina circa 70 finanzieri, con il supporto tecnico-operativo del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata (Scico) della Guardia di finanza e l’impiego anche di “cash dog”, cani specializzati nella ricerca di denaro contante, hanno operato nelle province di Ferrara, Milano, Monza Brianza e Napoli.
L’attività investigativa, secondo quanto comunicato da Procura milanese e Finanza di Trieste, è iniziata nel 2024 e ha riguardato quella che viene considerata un’organizzazione criminale, composta anche da soggetti attigui a clan camorristici, dedita al traffico illecito di rifiuti e al successivo riciclaggio dei proventi illeciti. Per gli inquirenti avrebbero messo in piedi una vasta frode ambientale e fiscale volta a garantire l’approvvigionamento – in favore di due aziende di smaltimento rifiuti del Nord Italia, una delle quali sarebbe proprio la Zoffoli – di materiale di scarto o di provenienza illecita (per lo più rame e alluminio).

In tale contesto, gli ingenti flussi di prodotti gestiti dall’organizzazione sarebbero stati regolarizzati attraverso false fatturazioni emesse da imprese di comodo (51 società “cartiere” e filtro), così da celarne la provenienza illegale e deresponsabilizzare formalmente gli amministratori delle aziende di stoccaggio cessionarie, ritenuti invece pienamente consapevoli dell’origine illecita della merce. Parallelamente, i pagamenti delle fatture di comodo emesse sarebbero stati trasferiti su conti correnti esteri, anche cinesi, attraverso ulteriori flussi di false fatturazioni, per inibirne l’agevole tracciabilità

L’organizzazione si sarebbe avvalsa di oltre 51 società tra “cartiere” e filtro italiane che avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti nel settore del commercio all’ingrosso di metalli per oltre 320 milioni di euro a favore delle imprese milanese e ferrarese, cui sarebbe corrisposto un illecito profitto superiore a 160 milioni di euro. Per tracciare tutti i movimenti, gli investigatori hanno usato intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, monitoraggio mediante Gps degli spostamenti dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti ferrosi, telecamere installate su pubblica via e accertamenti bancari.

La misura cautelare applicata ieri peraltro è solo il secondo tassello dell’indagine, preceduto da un altro sequestro preventivo del profitto del reato ambientale, pari a circa 70 milioni di euro, eseguito a luglio 2024 con cui sono stati colpiti molteplici beni di lusso in possesso dei presunti membri dell’organizzazione, anche per interposta persona.

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